sabato 7 dicembre 2013

K. Pancol, Un ballo ancora - Da poco letti

Katherine Pancol, Un ballo ancora, Dalai, 1998



Perché leggiamo?
Una possibile risposta a questa domanda mi è affiorata chiaramente davanti agli occhi mentre leggevo le prime pagine di questo bel libro della scrittrice francese Katherine Pancol.
E la risposta è questa. Per ritrovare una parte di noi stessi nei personaggi che incontriamo sul nostro cammino, per riconoscerci in loro, per guardare le nostre passioni e le nostre debolezze come in uno specchio. E per vedere come va a finire. Senza necessariamente dover sconvolgere la nostra vita per saperlo.
Questa è la storia di quattro amiche nella Parigi degli anni Novanta alle prese con le crisi e i dubbi di chi si sta avvicinando ai quarant'anni, ciascuna con la propria storia e la propria sensibilità.
Clara, la protagonista, è una donna indipendente, che vive sola e passa da un uomo all'altro non riuscendo a dimenticare il suo primo e grande amore, Rapha.
Agnes, invece, si è sposata con un uomo che la adora ma che lei non ama e vive in provincia con i due figli, sentendosi sempre inadeguata.
Josephine ha sposato un ricco chirurgo da cui ha avuto tre figli che ama molto ma l'insoddisfazione per la sua vita matrimoniale la spinge a tradire continuamente il marito.
La bellissima e sofisticata Lucille, infine, vive una vita in apparenza meravigliosa a fianco del ricchissimo ma vuoto marito David, confinandosi in un'esistenza asettica , totalmente priva d'amore. Intrecciate alle vicende del presente un ruolo di primo piano lo ricopre il passato, ovvero la comune infanzia delle quattro amiche nello stesso condominio alle porte di Parigi. Un passato che ritorna spesso per spiegare un comportamento, un sentimento, un atteggiamento nei confronti della vita.
Questo romanzo mi ha conquistata subito, dall'incipit: "Le donne si sottovalutano. Il 99,9% pensa sinceramente di non valere un accidente. Di essere solo da buttare ai cani...(...)Si considerano troppo stupide, troppo grasse o pusillanimi. E tanto vale che io vi dica subito che faccio parte di quel 99,9%".
Sono tante, in questo libro, le frasi che mi hanno colpita e che avrei voglia di condividere con voi. Dovrò limitarmi ad una frase di Agnes, verso la fine:" Accetto i miei limiti, e me ne vanto. E' questa la vera arte di vivere: sapere chi sei, per non imitare nessuno, non invidiare nessuno, essere se stesse e fiorire nel territorio che ti sei conquistata. Puoi anche ampliarlo, curarlo, abbellirlo senza pensare di essere un'altra..." E ad una considerazione di Clara, un po' più avanti: " Racchiudere tutta la sofferenza in una scatolina bianca di latta, lì dove una volta batteva un cuore pieno di desiderio e sangue rosso. E' questo invecchiare, pensa richiudendo il coperchio della scatola, lasciare che la ruggine ricopra il coperchio di latta del cuore e aspettare senza più aprirlo...".
Si sorride, ci si commuove, ci si appassiona. Ma soprattutto ci si ritrova.

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