Il senso di una fine, Julian Barnes, 2011, Einaudi, pp.150
Questo romanzo, vincitore del "man booker prize", il più importante premio letterario di lingua inglese, è tutto giocato sul tema della memoria e del ricordo, ci si domanda cioè cosa abbiamo vissuto realmente e cosa ricordiamo, e cosa raccontiamo a noi stessi della nostra vita."Una vita come un'altra, no? Qualche successo, qualche delusione..." "In ogni caso non mi sarei perso la mia vita per tutto l'oro del mondo, mi spiego? Sono sopravvissuto".
Tony Webster, sessantenne pensionato, riceve inaspettatamente in eredità il diario di un suo amico dei tempi del liceo, Adrian, poi brillante laureato in filosofia a Cambridge, suicidatosi a ventidue anni. Questa particolare eredità lo riporta indietro, al tempo del liceo prima e dell'Università poi, facendogli ripercorrere la storia della sua amicizia con Adrian e della relazione con l'enigmatica Veronica che, dopo averlo lasciato, si fidanzerà proprio con Adrian.
Tony dovrà analizzare prima di tutto se stesso e la sua storia e riallacciare un legame con Veronica, depositaria del diario che non vorrà restituire e di un segreto che solo alla fine - e con fatica - Tony riuscirà a comprendere.
"Avevo chiesto alla vita di non turbarmi troppo ed ero stato accontentato; e che miseria ne era derivata."
"Certe volte penso che lo scopo dell'esistenza sia quello di riconciliarci, per sfinimento, con la sua perdita finale, dimostrandoci che, indipendentemente dal tempo che ci vorrà, la vita non è affatto all'altezza della propria fama".
Malinconico. E bello come a volte la malinconia può essere.
Una passeggiata nel gelo di Dicembre ripensando ad un vecchio amore. Un the speziato, ma ormai freddo.